14/10/2025

Data:

Categorie protette e lavoro: guida alla legge 68/99

Le categorie protette tutelano il diritto al lavoro di persone con disabilità o in condizioni di svantaggio. Questa guida spiega in modo semplice cosa prevede la Legge 68/99, come funziona il collocamento mirato, chi può iscriversi e quali sono diritti, incentivi e obblighi per lavoratori e aziende.

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Cosa sono le categorie protette e chi ne fa parte?

Le categorie protette nel mondo del lavoro sono gruppi di persone che, per condizioni di disabilità o altre situazioni di svantaggio, godono di particolari tutele di legge volte a favorirne l’inserimento lavorativo. In Italia, la definizione di chi rientra nelle categorie protette è stabilita principalmente dalla Legge 68/1999 (nota come “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”). Questa legge distingue tra persone con disabilità (art. 1) e altre categorie speciali (art. 18). Di seguito l’elenco dei principali soggetti tutelati:

  • Persone con disabilità (art. 1 L.68/99) – Comprende chi ha una minorazione fisica, psichica, sensoriale o intellettiva che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% (invalidi civili). Rientrano anche gli invalidi del lavoro con grado superiore al 33% certificato da INAIL, i ciechi assoluti o con vista notturna non superiore a 1/10, i sordi, e gli invalidi di guerra o per servizio con menomazioni dalla prima all’ottava categoria. La sussistenza di tali condizioni viene accertata dagli enti competenti (commissioni medico-legali ASL/INPS/INAIL) con relativa percentuale di invalidità riconosciuta.
  • Altre categorie protette (art. 18 L.68/99) – Si tratta di soggetti non disabili ma in condizioni tutelate per legge, che possono accedere a posti di lavoro “riservati” in aziende oltre una certa dimensione. Includono: gli orfani e i coniugi superstiti di persone decedute per cause di lavoro, di guerra o di servizio (o aggravamento di invalidità legate a tali cause); i figli e coniugi di grandi invalidi per cause di guerra, servizio o lavoro; i profughi italiani rimpatriati (riconosciuti ai sensi della L.763/81); le vittime del terrorismo o della criminalità organizzata (e familiari superstiti). La normativa negli anni ha esteso la tutela anche ad altre figure come i testimoni di giustizia (cittadini che collaborano con l’autorità in procedimenti penali) e i “care leavers”, ovvero i giovani usciti da percorsi di affido o comunità al compimento della maggiore età.

In sintesi, rientrano nelle categorie protette tutti coloro che hanno un riconoscimento formale di invalidità sopra le soglie indicate o uno status equiparato (orfani, vedove, profughi, vittime etc.) secondo la legge. Queste persone, in età lavorativa, sono tutelate contro la discriminazione sul lavoro e hanno diritto a opportunità di inserimento lavorativo mirato e agevolato.

Gli obiettivi della Legge 68/1999

La Legge n. 68 del 12 marzo 1999 nasce con l’obiettivo di promuovere l’inserimento e l’integrazione lavorativa delle persone disabili e degli altri appartenenti alle categorie protette. Tale legge rappresenta una pietra miliare per garantire il diritto al lavoro di queste persone, sostituendo il vecchio approccio di “collocamento obbligatorio” con un sistema più moderno e flessibile di collocamento mirato. In pratica, la normativa sancisce il divieto di discriminazione in base alla disabilità e prevede strumenti per valorizzare le capacità residue di ogni individuo, favorendo il principio della persona giusta al posto giusto in ambito lavorativo.

Gli obiettivi principali della Legge 68/99 possono essere riassunti come segue:

  • Inclusione lavorativa: creare condizioni perché persone con disabilità o svantaggio possano trovare e mantenere un’occupazione adeguata alle proprie capacità, garantendo pari opportunità e trattamento equo rispetto agli altri lavoratori.
  • Collocamento mirato: introdurre un sistema di servizi di supporto e valutazione tecnica per inserire il lavoratore nella posizione più adatta. La legge definisce il collocamento mirato come “quella serie di strumenti tecnici e di supporto, che permettono di valutare adeguatamente le persone in base alle loro capacità lavorative, così da inserirle nel posto adatto, attraverso forme di sostegno, analisi del lavoro e soluzioni per i problemi connessi agli ambienti di lavoro”. Ciò significa che non si tratta solo di imporre assunzioni obbligatorie, ma di far coincidere le esigenze dell’azienda con le abilità della persona, anche tramite adattamenti e sostegni mirati.
  • Incentivi e servizi: la normativa prevede incentivi economici e sgravi fiscali per i datori di lavoro che assumono categorie protette, nonché l’istituzione di fondi e servizi dedicati (ad esempio il Fondo regionale per l’occupazione dei disabili). Questo doppio binario – obblighi da un lato e incentivi/dotazioni dall’altro – mira a coinvolgere attivamente le aziende nell’inclusione, rendendo il processo vantaggioso per entrambe le parti.

In sostanza, la Legge 68/99 persegue un bilanciamento tra giustizia sociale e flessibilità economica: tutela il diritto al lavoro di persone fragili valorizzandone le capacità e responsabilizza le aziende a diventare parte attiva di questo percorso inclusivo. Grazie a questa legge, negli ultimi decenni si è registrato un aumento della partecipazione al lavoro delle persone con disabilità (dal 43,7% al 52,2% nel decennio scorso).

Il collocamento mirato: cos’è e come funziona

Collocamento mirato è il termine cardine introdotto dalla Legge 68/99 per indicare l’insieme di procedure e servizi finalizzati a inserire le persone disabili nel mondo del lavoro in modo mirato alle loro capacità e potenzialità. Diversamente dal vecchio collocamento obbligatorio (che si limitava a prescrivere assunzioni numeriche), il collocamento mirato valuta il profilo del lavoratore e le caratteristiche dei posti di lavoro disponibili, per ottenere il miglior match possibile.

In pratica, ecco come funziona il collocamento mirato in Italia:

  • Valutazione della persona: tutto parte dal riconoscimento dello stato di invalidità o appartenenza a categoria protetta. La persona interessata deve sottoporsi a visita presso una commissione medico-legale (INPS/ASL) che ne attesti l’invalidità e la percentuale di riduzione della capacità lavorativa, oltre a rilasciare eventualmente una “relazione conclusiva sulle capacità lavorative residue”. Ad esempio, un invalido civile con percentuale superiore al 45% acquisisce il diritto ad iscriversi al collocamento mirato. Analoghi accertamenti valgono per le altre categorie (es. certificati di vedovanza per orfani, attestati per profughi, ecc. da presentare alle autorità competenti).
  • Iscrizione nelle liste speciali: una volta in possesso della certificazione, la persona deve iscriversi agli elenchi provinciali del collocamento mirato presso il Centro per l’Impiego (CPI) della propria provincia di residenza. L’iscrizione è riservata a coloro che sono disoccupati, di età tra i 16 anni (età minima di lavoro) e l’età pensionabile, e ovviamente in possesso dello status di categoria protetta riconosciuto. Al momento dell’iscrizione occorre presentare alcuni documenti: carta d’identità e codice fiscale, il certificato di invalidità o la documentazione attestante l’appartenenza ad altra categoria protetta, ed eventuale permesso di soggiorno se cittadini stranieri. Una volta iscritti, si viene inseriti in una graduatoria gestita dal servizio provinciale: questa tiene conto di vari criteri (percentuale d’invalidità, situazione economica, carico familiare, anzianità di iscrizione, ecc.) per determinare l’ordine con cui i candidati potranno essere avviati al lavoro.
  • Quota di riserva e avviamento al lavoro: le aziende soggette all’obbligo di assunzione (vedi oltre) comunicano periodicamente ai servizi competenti le posizioni lavorative disponibili per le categorie protette. L’inserimento può avvenire con diverse modalità: chiamata nominativa, ossia l’azienda individua direttamente un candidato (ad esempio tramite colloqui o banche dati CV) che sia iscritto al collocamento mirato; oppure chiamata numerica, in cui è il Centro per l’Impiego a segnalare nominativi attingendo dalla graduatoria, in base alla posizione e al profilo richiesto. In molti casi si utilizzano convenzioni di integrazione lavorativa (art.11 L.68/99) tra aziende e uffici competenti: si tratta di accordi che permettono inserimenti graduali, tirocini, formazione on the job, con l’obiettivo di adattare il lavoratore e l’ambiente di lavoro reciprocamente.
  • Supporto e adattamento: Il collocamento mirato prevede anche servizi di accompagnamento sia al lavoratore che all’azienda. Ciò può includere orientamento professionale, tutoraggio, analisi ergonomica del posto di lavoro, adeguamento delle mansioni o dell’orario in base alle esigenze della persona. Ad esempio, la commissione medica può indicare che un certo lavoratore disabile deve svolgere solo part-time o evitare turni notturni/straordinari, e questo vincolo sarà tenuto presente nel collocamento. L’obiettivo è eliminare le barriere che impediscono un rendimento lavorativo efficace: in questo senso il collocamento mirato fornisce soluzioni tecniche (protesi, ausili, adattamenti della postazione) e gestionali (formazione dei colleghi, sensibilizzazione, tutor aziendale) per una reale inclusione.

In sintesi, il collocamento mirato personalizza l’incontro tra domanda e offerta di lavoro per le persone con disabilità. Non si tratta di “far entrare un numero nelle liste” ma di inserire una persona nel contesto giusto. Questo approccio mirato è reso possibile dalla collaborazione tra servizi pubblici per l’impiego, enti di formazione, aziende e – naturalmente – il lavoratore stesso. I risultati dipendono molto dalla rete territoriale: va notato che in Italia circa un milione di persone risultano iscritte negli elenchi del collocamento disabili a fronte di oltre 4,5 milioni di persone con disabilità stimate sul territorio, segno che c’è ancora margine per migliorare la presa in carico e la fiducia in questi servizi. Le Linee Guida sul collocamento mirato adottate nel 2022 dal Ministero del Lavoro puntano proprio a rafforzare l’efficacia di questi strumenti in maniera omogenea sul territorio nazionale.

Diritti e agevolazioni per i lavoratori appartenenti alle categorie protette

I lavoratori che appartengono alle categorie protette godono di una serie di diritti, tutele ed agevolazioni aggiuntive, sia sul piano lavorativo sia sul piano previdenziale/assistenziale, grazie alla Legge 68/99 e ad altre norme collegate. È importante sottolineare che, una volta assunti, i lavoratori protetti hanno diritto a pari trattamento economico e normativo rispetto agli altri dipendenti: il contratto di lavoro applicato è lo stesso dei colleghi e non possono essere previsti trattamenti discriminatori. Oltre a questo principio di parità, ecco i principali diritti e benefici specifici di cui possono usufruire:

  • Iscrizione al collocamento mirato e servizi dedicati: Come visto, il primo diritto fondamentale è poter accedere alle liste di collocamento mirato presso i Centri per l’Impiego provinciali. Ciò offre al lavoratore disabile un canale privilegiato per l’incontro con le aziende obbligate o interessate all’assunzione, nonché il supporto dei servizi pubblici (orientamento, proposte di lavoro mirate, percorsi formativi di inserimento). L’iscrizione è volontaria, ma rappresenta un’opportunità concreta di trovare occupazione compatibile con il proprio profilo.
  • Permessi retribuiti per cure e assistenza (Legge 104/1992): I lavoratori disabili in situazione di handicap grave (riconosciuto ai sensi della L.104/92, art.3 comma 3) hanno diritto a permessi lavorativi retribuiti, fruibili tipicamente come tre giorni al mese (anche frazionabili in ore) oppure due ore di permesso giornaliero. Tali permessi – retribuiti dall’INPS – servono per consentire al lavoratore di effettuare terapie, visite mediche, o per gestire esigenze personali/familiari legate alla disabilità. Anche i familiari che assistono una persona con grave disabilità (caregiver) hanno diritto ai medesimi permessi mensili. Inoltre, il lavoratore disabile con un’invalidità riconosciuta superiore al 50% ha diritto, se necessario, a un congedo retribuito per cure legate alla propria infermità, fino a 30 giorni all’anno
  • Scelta prioritaria della sede di lavoro e tutela in caso di trasferimento: Un’importante agevolazione prevista dalle norme (Legge 104/92 e D.Lgs. 165/2001 per il pubblico impiego) è il diritto di scelta della sede lavorativa più vicina al proprio domicilio per il lavoratore disabile o, in alcuni casi, per chi assiste un familiare disabile. Inoltre, il dipendente appartenente alle categorie protette non può essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso, salvo comprovate esigenze di servizio. Questa tutela evita che un lavoratore disabile venga allontanato dal proprio contesto familiare o dai servizi sanitari di riferimento contro la sua volontà.
  • Adeguamento delle mansioni e verifica di compatibilità: Il datore di lavoro è tenuto ad assegnare al lavoratore categorie protette mansioni compatibili con il suo stato di salute. Non può richiedergli una prestazione che contrasti con le limitazioni certificate. In caso di aggravamento delle condizioni di salute del dipendente o di significative modifiche dell’organizzazione del lavoro, il lavoratore ha diritto a chiedere una visita di accertamento per verificare la perdurante idoneità delle mansioni svolte rispetto al proprio stato (coinvolgendo il medico competente e i servizi di collocamento mirato) Se necessario, dovranno essere adattate le condizioni di lavoro o valutate mansioni alternative compatibili.
  • Assegno ordinario di invalidità e altre provvidenze economiche: I lavoratori dipendenti con capacità lavorativa ridotta a meno di 1/3 per infermità (quindi invalidità civile almeno 67%) possono richiedere all’INPS l’assegno ordinario di invalidità (AOI). Si tratta di una prestazione economica mensile che integra il reddito del lavoratore (è riconosciuta per 3 anni rinnovabili, e convertibile in pensione di vecchiaia al maturare dell’età pensionabile, se nel frattempo l’interessato ha continuato a lavorare). L’assegno ordinario è compatibile con l’attività lavorativa: spetta cioè anche se si continua a lavorare, in presenza dei requisiti sanitari e contributivi previsti. Oltre all’AOI, va ricordato che per invalidità civili pari o superiori al 74% esistono pensioni e indennità assistenziali (assegno mensile di assistenza) erogate indipendentemente dal lavoro, ma queste ultime non sono cumulabili con un reddito da lavoro oltre certe soglie.
  • Trattamento economico e normativo paritario: Un principio cardine è che ai lavoratori assunti obbligatoriamente (categorie protette) si applica lo stesso trattamento economico e normativo degli altri lavoratori di pari livello. Hanno diritto alla stessa paga, agli stessi orari contrattuali (salvo accomodamenti ragionevoli legati alla disabilità) e alle medesime tutele sindacali e previdenziali. Eventuali incentivi o sgravi riconosciuti al datore di lavoro non devono in alcun modo ridursi a discapito della retribuzione del lavoratore disabile, che è garantita dal CCNL applicabile. Anche il periodo di prova, gli scatti di anzianità, ferie, TFR, ecc., si applicano in modo identico. Questa parità di trattamento è espressamente sancita dalla legge.
  • Pensione anticipata e maggiorazioni contributive: In ambito previdenziale, esistono vantaggi per i lavoratori disabili ai fini pensionistici. In particolare, chi ha un’invalidità riconosciuta uguale o superiore all’80% (settore privato) può accedere anticipatamente alla pensione di vecchiaia a 61 anni (uomini) o 56 anni (donne), a condizione di avere almeno 20 anni di contributi versati. Inoltre, la legge concede una maggiorazione contributiva (Legge 388/2000) per alcune categorie protette: ai sordomuti, agli invalidi per lavoro/servizio o invalidi civili >74%, e agli invalidi di guerra è riconosciuto l’accredito figurativo di 2 mesi di contributi aggiuntivi per ogni anno di servizio effettivamente lavorato, fino a un massimo di 5 anni. Questi contributi figurativi incrementano l’anzianità contributiva utile per la pensione (sia di vecchiaia che anticipata), permettendo di andare in pensione prima o con assegno più elevato. Infine, i lavoratori invalidi almeno al 74% rientrano anche tra i potenziali beneficiari dell’APE Sociale (Anticipo Pensionistico), misura sperimentale che consente di ottenere un reddito ponte verso la pensione già a 63 anni con 30 anni di contributi in presenza di invalidità grave.

In aggiunta a quanto sopra, va ricordato che il fatto di appartenere a una categoria protetta non preclude in alcun modo la crescita professionale: tali lavoratori possono concorrere a progressioni di carriera, cambi mansione, formazione aggiuntiva, esattamente come gli altri. Anzi, molte aziende attuano programmi specifici di inclusione e sviluppo (ad esempio, tutoraggi o accomodamenti ragionevoli) per mettere il dipendente nelle condizioni di esprimere al meglio il proprio potenziale. Tutte queste misure – dai permessi alla pensione anticipata – costituiscono un sistema di sostegno che mira a compensare gli svantaggi legati alla disabilità, senza però segregare il lavoratore protetto, che rimane parte integrante dell’organizzazione aziendale a tutti gli effetti.

Obblighi per le aziende: assunzioni obbligatorie (quote di riserva)

Per bilanciare il diritto al lavoro delle categorie protette con la responsabilità sociale delle imprese, la legge prevede obblighi di assunzione a carico dei datori di lavoro pubblici e privati sopra determinate soglie dimensionali. In altre parole, le aziende medio-grandi devono riservare una quota di posti (detta quota di riserva) alle categorie protette. Questo obbligo scatta in base al numero di dipendenti occupati dall’azienda e riguarda sia le persone disabili (art.1) sia, per le imprese più grandi, alcune assunzioni di orfani e categorie equiparate (art.18). Ecco le regole principali stabilite dagli artt. 3 e 18 della Legge 68/99:

  • Aziende da 15 a 35 dipendenti: obbligo di assumere almeno 1 lavoratore disabile (categoria protetta art.1). Nota: per le aziende private di questa fascia, l’obbligo si attiva solo in caso di nuova assunzione oltre la 15ª unità. Ad esempio, un’azienda che raggiunge i 15 dipendenti ha l’obbligo di assumere una categoria protetta solo quando effettuerà la prossima assunzione utile.
  • Aziende da 36 a 50 dipendenti: obbligo di almeno 2 lavoratori disabili (art.1).
  • Aziende con oltre 50 dipendenti: obbligo di riservare almeno il 7% della forza lavoro a persone disabili (art.1). Inoltre, per le aziende medio-grandi si aggiunge l’obbligo di assumere anche alcune unità delle altre categorie protette (art.18):
    • Se l’azienda ha da 51 a 150 dipendenti: deve assumere, oltre al 7% di disabili, 1 lavoratore appartenente alle categorie speciali art.18(es. orfano, vedova, profugo, etc.).
    • Se l’azienda ha più di 150 dipendenti: deve riservare il 7% di posti a disabili (art.1) e un’ulteriore quota pari all’1% dell’organico a soggetti di cui all’art.18. Ad esempio, un’azienda di 200 dipendenti dovrà avere almeno 14 dipendenti disabili (7% di 200) e 2 appartenenti alle altre categorie protette (1% di 200).

Queste quote sono talvolta dette anche “quote di riserva” perché i posti corrispondenti devono essere riservati a tali lavoratori. Il calcolo arrotonda per eccesso all’unità superiore in caso di frazione di posto. Sono esclusi dal computo solo alcuni tipi di lavoratori (ad esempio i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto interinale presso utilizzatori, ecc., come dettagliato dai regolamenti).

Esempio pratico: un’azienda privata con 60 dipendenti dovrà avere almeno 7% di 60 ≈ 4,2 quindi 5 disabili in organico, più 1 orfano/protetto art.18. Se l’azienda ha 20 dipendenti, dovrà avere 1 disabile. Un ente pubblico con 300 dipendenti dovrà avere almeno 21 disabili e 3 soggetti art.18.

Va sottolineato che l’obbligo di assunzione deve essere adempiuto progressivamente: le aziende coperte dalla legge devono, entro 60 giorni dal momento in cui scatta l’obbligo (ad esempio dal raggiungimento dei 15 dipendenti o da nuove scoperure), iniziare le procedure per coprire la quota di riserva. Inoltre, ogni anno (entro il 31 gennaio) i datori di lavoro tenuti all’obbligo devono inviare telematicamente il “Prospetto Informativo Disabili” al Ministero del Lavoro, dichiarando la propria situazione occupazionale rispetto alle categorie protette (organico, posti riservati, scoperture, ecc.). Un invio tardivo di tale prospetto comporta sanzioni amministrative (vedi paragrafo seguente).

Esclusioni e convenzioni: alcune imprese di nuova costituzione o che operano in particolari settori possono avere delle deroghe temporanee. Ad esempio, le aziende del settore difesa e sicurezza o del trasporto privato possono richiedere esoneri parziali maggiori (fino all’80%) per la natura delle mansioni (vedi oltre). Inoltre, la legge 68 incoraggia l’utilizzo di convenzioni di integrazione lavorativa (art.11): un’azienda può stipulare accordi con gli uffici competenti per assolvere all’obbligo in modo graduale, magari tramite tirocini o progetti formativi, purché il risultato finale sia l’assunzione. Possono anche essere coinvolte cooperative sociali di tipo B o altre realtà produttive in cui distaccare/commutare parzialmente l’obbligo (ad esempio commesse di lavoro esterne affidate a cooperative che impiegano disabili). Queste flessibilità sono pensate per adattare l’obbligo alle effettive possibilità organizzative, senza però eluderlo del tutto.

Sanzioni per il mancato adempimento e modalità di esonero

Il rispetto degli obblighi di assunzione delle categorie protette è vigilato dagli ispettorati del lavoro e dai servizi provinciali. In caso di inadempienza, la legge prevede sanzioni amministrative piuttosto salate per le aziende. Dal 2016, con D.Lgs.185/2016 e successivi adeguamenti (DM 193/2021), le sanzioni sono state inasprite. In sintesi, se un’azienda non copre la quota obbligatoria incorre in queste penalità:

  • Mancata assunzione di lavoratori categorie protette: sanzione di € 153,20 per ogni giorno lavorativo di scopertura per ciascun lavoratore non assunto. Questa cifra (aggiornata al 2021) equivale a cinque volte il contributo esonerativo giornaliero previsto per legge (€30,64) e viene moltiplicata per tutti i giorni di scopertura. In pratica, ogni posizione obbligatoria scoperta costa all’azienda oltre 150 euro al giorno (circa 3.300 € al mese) finché non viene regolarizzata. Ad esempio, un’azienda che dovesse assumere 2 categorie protette e non lo fa per un anno intero accumulerebbe una sanzione di oltre 110 mila euro.
  • Omesso o tardivo invio del Prospetto Informativo annuale: sanzione fissa di €702,43 più €34,02 aggiuntivi per ogni giorno di ritardo oltre la scadenza. Anche questa sanzione è aggiornata quinquennalmente e serve a punire chi non comunica la propria situazione nei termini previsti.

Prima di irrogare la sanzione piena, la normativa prevede una procedura di diffida: l’ispettorato del lavoro diffida formalmente il datore di lavoro inadempiente, assegnandogli un termine (in genere 60 giorni) per regolarizzare le assunzioni mancanti. Se l’azienda ottempera e assume le categorie protette dovute, potrà pagare una sanzione ridotta pari a 1/4 di quella piena. Se invece non adempie nemmeno dopo la diffida, scatterà la sanzione intera retroattiva. Inoltre, qualora siano presenti entrambe le irregolarità (es. niente assunzione e prospetto tardivo), le sanzioni si sommano.

Esonero parziale: Ci sono situazioni in cui un’azienda può chiedere di essere parzialmente esonerata dall’obbligo di assunzione, ad esempio se la sua attività presenta mansioni particolarmente faticose, pericolose o insalubri che rendono oggettivamente difficile impiegare una persona con grave disabilità in tutti i posti previsti. L’esonero parziale può essere concesso dal servizio provinciale competente fino al 60% della quota (quindi l’azienda può coprire solo il 40% delle posizioni obbligatorie assumendo effettivamente persone disabili). In settori speciali come vigilanza privata, trasporto, ecc., l’esonero può arrivare fino all’80%. Condizione: l’azienda esonerata deve versare un contributo esonerativo al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili per ogni posto non coperto, pari a € 39,21 al giorno per ciascun lavoratore disabile non occupato (importo aggiornato). Questo contributo è praticamente una sorta di “penale attenuata” che però non esime del tutto dall’obbligo: l’azienda resta tenuta a coprire la parte di quota non esonerata. La richiesta di esonero va motivata e documentata; viene concessa per un periodo rinnovabile e soggetta a revisione.

Sospensione temporanea dell’obbligo: In alcuni casi particolari, l’obbligo può essere sospeso per un certo periodo. Ciò avviene tipicamente in condizioni di crisi aziendale o riorganizzazione, ad esempio: aziende che hanno attivato una cassa integrazione straordinaria CIGS per ristrutturazione o crisi (sospensione fino a 12 mesi); aziende in fallimento o liquidazione; imprese che abbiano accordi di mobilità o di esodo del personale. Durante la sospensione l’azienda non è tenuta a nuove assunzioni obbligatorie. Inoltre, sono esonerate de jure dall’obbligo (finché perdura la condizione) le imprese che versano all’INAIL un tasso di premio molto elevato (≥60‰), indice di attività intrinsecamente pericolose: anch’esse però, per fruire dell’esonero automatico, devono versare il contributo giornaliero di €30,64 per ogni posto scoperto. Al termine del periodo di sospensione, l’obbligo riprende regolarmente.

Vale la pena ricordare che anche le Pubbliche Amministrazioni sono soggette a questi obblighi e sanzioni (con alcune differenze procedurali). Per i dirigenti pubblici inadempienti possono scattare inoltre sanzioni penali (ammenda) e segnalazioni alla Corte dei Conti per danno erariale, a testimonianza di quanto il legislatore consideri importante il rispetto di queste norme.

In sintesi, il quadro sanzionatorio è pensato per dissuadere le aziende dal non ottemperare: le multe possono raggiungere importi molto elevati, superiori di gran lunga al costo che l’azienda sosterrebbe assumendo la risorsa protetta. D’altro canto, esistono strumenti di flessibilità (esoneri parziali, convenzioni, sospensioni in casi di crisi) per tenere conto delle situazioni in cui l’obbligo rigido potrebbe risultare impraticabile. L’obiettivo ultimo rimane però quello di garantire opportunità occupazionali ai cittadini disabili o svantaggiati, penalizzando chi elude tale responsabilità sociale.

Agevolazioni e incentivi per le assunzioni (Legge 68/99)

Oltre alle sanzioni per chi non rispetta la legge, il nostro ordinamento prevede anche incentivi economici per le aziende che assumono lavoratori delle categorie protette in ottemperanza alla Legge 68/99. Questi incentivi sono stati potenziati da vari provvedimenti (in particolare dal Jobs Act – D.Lgs. 151/2015 – e dalla Legge di Bilancio 2020) per rendere più conveniente e proattiva l’assunzione di persone con disabilità. Gli incentivi sono erogati dall’INPS sotto forma di sgravi sui contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, per una durata che varia a seconda della tipologia di lavoratore assunto. Attualmente, le principali agevolazioni (in vigore anche nel biennio 2024-2025) sono le seguenti:

  • Incentivo 35% per 36 mesi: per ogni lavoratore disabile assunto a tempo indeterminato (o trasformato a tempo indeterminato) con riduzione della capacità lavorativa tra il 67% e il 79%, l’azienda ottiene uno sgravio contributivo pari al 35% della retribuzione mensile lorda per 36 mesi. Questo incentivo copre quindi circa un terzo del costo lordo del dipendente per i primi tre anni di lavoro.
  • Incentivo 70% per 36 mesi: per ogni lavoratore disabile assunto a tempo indeterminato con una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore all’80%, lo sgravio sale al 70% della retribuzione mensile lorda per 36 mesi. In pratica lo Stato rimborsa all’azienda oltre due terzi del costo contributivo per tre anni, nel caso di inserimento di persone con disabilità molto grave (es. invalidità totale, handicap motori rilevanti, ecc.).
  • Incentivo 70% per 60 mesi (disabilità intellettiva/psichica): per l’assunzione di lavoratori con disabilità intellettiva o psichica (ad esempio disturbi dello spettro autistico, ritardo cognitivo, schizofrenia, ecc.) con percentuale di invalidità superiore al 45%, è previsto un incentivo pari al 70% della retribuzione lorda mensile per 60 mesi (5 anni). Questo incentivo si applica sia ai contratti a tempo indeterminato sia ai contratti a tempo determinato di durata almeno 12 mesi, ed è pensato per sostenere l’inserimento di persone con disabilità psichiche che spesso necessitano di un periodo più lungo di adattamento e supporto.

Da notare che gli incentivi non sono cumulabili con altri benefici analoghi (ad esempio se si assume un disabile che dà diritto a un esonero contributivo under 36 o incentivi regionali, non si sommano). La fruizione avviene in modo automatico tramite conguaglio sui contributi mensili dovuti all’INPS: una volta ottenuta l’autorizzazione, il datore di lavoro paga semplicemente meno contributi per il lavoratore, compensando con l’importo spettante. Per ottenerli occorre presentare all’INPS un’apposita domanda telematica entro i termini: l’Istituto verifica la disponibilità di risorse (c’è un fondo dedicato a finanziarli) e prenota l’importo spettante. Entro 7 giorni dall’ok, l’azienda deve procedere all’assunzione (se non già effettuata) e poi confermare all’INPS i dati contrattuali. L’incentivo viene quindi certificato e reso fruibile mensilmente. I controlli sono perlopiù automatici e a consuntivo, per assicurare che il lavoratore rientri nelle categorie e che vi sia diritto al bonus.

Oltre a questi incentivi principali, esistono anche contributi locali o di settore: ad esempio alcuni enti bilaterali o Regioni offrono bonus aggiuntivi per le aziende che superano l’obbligo (assunzioni extra di disabili) o per particolari tipologie di contratti. Un caso è il contributo ENFEA (ente bilaterale Confapi-sindacati) che eroga €500 una tantum alle PMI che assumono a tempo indeterminato (o determinato >6 mesi poi stabilizzato) un lavoratore disabile ex lege 68. Analogamente, alcune Regioni stanziano fondi per progetti di collocamento mirato innovativi, tirocini formativi o accomodamenti ragionevoli negli ambienti di lavoro. Le aziende possono informarsi presso i servizi per l’impiego locali o i siti di Ministero del Lavoro/ANPAL per conoscere le misure di sostegno attive al momento.

L’insieme di agevolazioni e incentivi riflette la filosofia della legge: accompagnare l’obbligo con opportunità. Invece di vivere l’assunzione di una categoria protetta come un mero costo imposto, l’azienda può trasformarla in un investimento sul capitale umano, sostenuto anche economicamente dallo Stato. In tal modo si favorisce un approccio più proattivo: molte aziende oggi scelgono di assumere persone con disabilità anche prima di essere strettamente obbligate, proprio per beneficiare degli incentivi e costruire ambienti di lavoro più inclusivi e diversificati.

Come iscriversi al collocamento mirato: guida pratica per i lavoratori

Per le persone appartenenti alle categorie protette (in particolare persone con disabilità) che desiderano avvalersi delle opportunità offerte dalla Legge 68/99, il primo passo fondamentale è l’iscrizione al collocamento mirato. Di seguito una guida pratica su come procedere, con i requisiti, la documentazione necessaria e gli enti coinvolti:

1. Ottenere il riconoscimento dello status di invalido o categoria protetta: se non si è già in possesso di un verbale di invalidità civile o di altra certificazione (es. attestato di vedovanza per orfani di caduti sul lavoro, documenti per vittime del terrorismo, etc.), bisogna avviare l’iter di accertamento. Nel caso di disabilità, il percorso tipico è: richiedere al proprio medico curante un certificato medico introduttivo (online sul portale INPS) che attesti le patologie e minorazioni; quindi inviare all’INPS (direttamente o tramite un patronato) la domanda di accertamento dell’invalidità civile e/o handicap. L’INPS convocherà l’interessato a visita presso la Commissione Medica ASL/INPS competente, la quale valuterà la documentazione sanitaria e lo stato psico-fisico. A seguito della visita, verrà emesso un verbale che certifica l’eventuale invalidità, la percentuale riconosciuta e se sussiste lo stato di handicap ai sensi della Legge 104/92. Nel verbale può essere indicata anche la dicitura “disabile disoccupato che può avvalersi del collocamento mirato”, accompagnata da una relazione sulle capacità lavorative residue. Questo documento è fondamentale per l’iscrizione.

  • NB: Per le altre categorie protette (art.18), gli accertamenti possono consistere in certificati di morte del familiare (per orfani/vedove), certificati di invalidità di guerra/lavoro del genitore, attestazione dello status di profugo, decreti di riconoscimento per vittime del dovere o della criminalità, ecc. Ogni categoria ha le proprie evidenze documentali da presentare. Informarsi presso il CPI o l’ufficio collocamento mirato locale su quali documenti fornire in base al proprio caso.

2. Verificare i requisiti di iscrizione: la legge impone alcuni requisiti oggettivi per potersi iscrivere alle liste delle categorie protette. In particolare occorre:

  • Età lavorativa: avere un’età compresa tra i 16 anni (età minima per lavorare) e l’età pensionabile. Chi ha già raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia non può iscriversi (es. ultra 67enni, salvo futuri adeguamenti).
  • Stato occupazionale: essere disoccupati (o, tecnicamente, privi di impiego ai sensi del D.Lgs 150/2015). La normativa attuale consente l’iscrizione anche a chi svolge lavoretti con reddito molto basso (entro €8.000 annui per lavoro dipendente o €4.800 per autonomo, soglie che definiscono lo “stato di disoccupazione” mantenuto), ma il principio generale è che l’elenco è dedicato a chi cerca attivamente lavoro.
  • Possesso della certificazione di categoria protetta: cioè verbale di invalidità (per disabili) o documentazione equipollente per gli altri (orfani, ecc.) – come ottenuto al punto 1.
  • Residenza sul territorio: l’iscrizione va fatta presso il Centro per l’Impiego competente per la provincia di residenza del lavoratore. In caso di trasferimento in un’altra provincia, occorrerà trasferire l’iscrizione lì. Per i cittadini stranieri extra-UE è necessario un valido permesso di soggiorno che consenta l’attività lavorativa.

Se tutti questi requisiti sono soddisfatti, la persona può procedere con l’iscrizione. In caso contrario (ad esempio persona già occupata full-time) non è possibile iscriversi alle liste del collocamento mirato, poiché le assunzioni obbligatorie riguardano solo chi è in cerca di lavoro.

3. Presentare la domanda di iscrizione al Centro per l’Impiego: ci si deve recare (o inviare richiesta online, dove previsto) al Centro per l’Impiego – Ufficio Collocamento Mirato della propria provincia. Ormai molti territori consentono di prenotare un appuntamento o inoltrare la domanda via internet sui portali regionali (ad es. ClicLavoro regionale) con allegati i documenti. In sede di iscrizione, l’operatore CPI verificherà i requisiti e farà compilare la DID – Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro, se non già resa. Verrà quindi inserito nel sistema il profilo del candidato, comprensivo di qualifica professionale, titolo di studio, percentuale di invalidità, limitazioni o note (es. “non può sollevare pesi oltre X kg”, “deve evitare turni notturni” – queste info sono desunte dal verbale o dalle indicazioni del medico competente). All’atto pratico, è utile portare con sé:

  • Documento d’identità e codice fiscale;
  • Verbale di invalidità civile/handicap (o altra certificazione categoria protetta);
  • Curriculum vitae aggiornato, per facilitare la definizione del profilo professionale;
  • Eventuali attestati di qualifica, diplomi, certificati di appartenenza a liste speciali (es. iscrizione alle liste del collocamento obbligatorio in altra provincia in precedenza, ecc.).

Una volta completata l’iscrizione, verrà rilasciata una attestazione di iscrizione alle liste del collocamento mirato, con indicazione della categoria in cui si rientra (es. “iscritto come invalido civile art.1 L.68/99 con XX%”).

4. Cosa succede dopo l’iscrizione: Il nominativo entrerà nella graduatoria provinciale delle categorie protette. Da questo momento in poi, quando un’azienda sul territorio richiederà al servizio competente dei candidati (oppure quando dovrà coprire una scopertura), il CPI potrà inviare il CV dell’iscritto o convocarlo per colloqui selettivi. È importante mantenere aggiornati i propri recapiti presso il CPI e rispondere alle chiamate. L’iscrizione ha di per sé durata illimitata, ma conviene confermare periodicamente il proprio interesse al lavoro. Se si rifiutano opportunità senza valido motivo, si rischia la decadenza dallo stato di disoccupazione e quindi dalla lista.

Nel frattempo, il lavoratore può anche autonomamente cercare lavoro segnalandosi come categoria protetta: molte aziende infatti pubblicano annunci esplicitamente rivolti a categorie protette (es. tramite portali dedicati, come CategorieProtette.it, o agenzie per il lavoro specializzate come i programmi “HOpportunities” di Randstad o l’iniziativa Adecco per l’inclusione). In sede di colloquio, è necessario dichiarare la propria iscrizione al collocamento mirato e presentare la documentazione quando richiesta. Spesso le aziende preferiscono la chiamata nominativa, quindi trovare un candidato idoneo e poi procedere all’assunzione tramite la lista: ciò rende fondamentale l’atteggiamento attivo del candidato nel cercare opportunità.

5. Dopo l’assunzione: Una volta assunto tramite collocamento mirato, il lavoratore esce dalla lista (essendo occupato). Se nel tempo dovesse perdere il lavoro, può reiscriversi presentando di nuovo la DID (purché permangano i requisiti, ad esempio non essere divenuto pensionato). È utile sapere che un lavoratore disabile che perde il posto per riduzione di personale o fallimento aziendale ha diritto di precedenza per 1 anno su altre assunzioni obbligatorie nella stessa provincia (art. 8, co. 3 L.68/99): in pratica viene “segnalato” come priorità per un nuovo collocamento.

In conclusione, iscriversi al collocamento mirato è un passaggio chiave per trasformare la propria condizione di svantaggio in un’opportunità concreta di lavoro. È consigliabile farsi assistere da un patronato o servizio informativo locale nelle procedure, soprattutto per la fase di riconoscimento dell’invalidità (che può risultare burocraticamente complessa). Una volta superato l’iter e iscritti, vale la pena mantenersi proattivi: partecipare a eventuali incontri formativi organizzati dai CPI, migliorare le proprie competenze (molti centri offrono corsi gratuiti per categorie protette) e non scoraggiarsi. Il sistema del collocamento mirato, con tutti i suoi limiti, rappresenta oggi in Italia uno strumento importante per coniugare il diritto al lavoro con la solidarietà e l’inclusione, creando valore sia per i lavoratori che per le imprese. Le aziende, dal canto loro, stanno progressivamente abbracciando una cultura di maggiore diversità e inclusione sul lavoro, anche grazie all’impianto normativo della Legge 68/99 che – con obblighi ma anche incentivi – le guida verso una forza lavoro più eterogenea e rappresentativa della società.

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